Non poteva mancare
La pena di morte
La pena di morte è stata abolita, o non è applicata nella maggioranza degli Stati del mondo, ma nel 2022, era ancora in vigore in 53 Stati…
metodologia
INIEZIONE LETALE
Questa tipologia di pena capitale è molto diffusa in numerosi paesi del mondo e la procedura varia notevolmente da nazione a nazione.
La procedura americana base più diffusa consiste nel legare il prigioniero ad un lettino molto simile ai normali tavoli operatori presenti in tutti gli ospedali. Le braccia sono scoperte e legate alle assi che si proiettano dai lati della tavola. Tecnici addestrati inseriscono un catetere di circa 2 millimetri (il più grosso disponibile sul mercato) nelle vene di entrambe le braccia del soggetto. Quando il condannato termina la sua ultima dichiarazione, il direttore della prigione dà il segnale e un tecnico effettua manualmente l’iniezione. Vengono introdotti nel corpo del condannato 3 composti chimici, iniziando con una dose di 15-50cc di sodio thiopental (noto come Pentothal), seguita da una dose di 15-50cc di Pavulon e infine da una dose di 15-50cc di cloruro di potassio. Nell’intervallo tra un’iniezione e l’altra viene fatta fluire una soluzione salina precedentemente collegata ai cateteri per pulire la linea del dispositivo di venipunzione e per impedire che avvengano reazioni chimiche in grado di ostruirlo. Tutto il procedimento richiede in media una durata compresa tra i 3 ed i 5 minuti.
Questi prodotti chimici sono tutte sostanze utilizzate comunemente in ambito medico: il Sodio Thiopental è un potente barbiturico usato come anestetico che causa una rapida incoscienza se iniettato in vena, il Pavulon è un rilassante muscolare che paralizza il diaframma e blocca la respirazione mentre il cloruro di potassio finisce il lavoro provocando un arresto cardiaco. È utilizzato solitamente in interventi chirurgici di cardiologia per fermare il cuore.
Nella maggior parte dei casi il soggetto è incosciente dopo circa un minuto dall’iniezione del Sodio Thiopental e muore dopo circa 8 minuti senza segni visibili di sofferenza fisica. Ma il dibattito su questo punto è molto acceso: se dopo la prima iniezione il condannato non cade in uno stato di totale incoscienza, il Pavulon, paralizzando i muscoli del corpo, potrebbe contribuire a mascherare le sue manifestazioni di sofferenza, facendo apparire sul suo volto un’espressione serena quando invece il dolore è comunque intenso.
L’esecuzione tramite iniezione letale è una procedura molto lunga e laboriosa: la durata totale va dai 30ai 45 minuti durante i quali il detenuto è del tutto cosciente di ciò che gli sta avvenendo e si trova di fronte ad un pubblico numeroso, aggiungendo alla sofferenze fisica quindi una profonda sofferenza psicologica..
Anche se l’opinione pubblica considera l’iniezione letale come il sistema di esecuzione meno doloroso, tuttavia recenti studi medici affermano che l’iniezione letale crea il sostanziale rischio che i detenuti muoiano soffocati e possano soffrire atroci dolori durante l’iniezione delle 3 sostanze letali, il tutto mascherato dalla funzione dell’agente paralizzante.
Consideriamo inoltre che i tecnici che eseguono l’iniezione letale non sono medici poiché per motivi deontologici questi non possono prendere parte alle esecuzioni capitali, se non per accertare la morte del soggetto. Per cui è frequente che si verifichino errori durante l’esecuzione come, ad esempio, iniettare le sostanze in un’arteria anziché in vena e questo prolunga notevolmente la sofferenza e i tempi della morte.
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LA GASSAZIONE
Sotto la sedia del condannato vi è una vaschetta contenente un composto di acido solforico misto ad acqua distillata e sospesi dentro un sacchetto di garza alcuni cristalli di cianuro di sodio. Quando viene dato, il segnale il boia agisce su una leva che scarica il cianuro nel liquido sottostante. Ciò causa una reazione chimica che libera l’acido cianidrico che filtra attraverso i fori nella sedia.
Ai detenuti viene raccomandato di effettuare delle profonde inspirazioni dopo che il gas viene liberato così da ridurre considerevolmente la sofferenza e l’agonia. Facile a dirsi ma raramente accade che i prigionieri inspirino profondamente il gas per via di un ovvio istinto di sopravvivenza, pur accettando l’inoppugnabile logica del consiglio dato.
I testimoni che hanno assistito ad esecuzioni avvenute mediante gassazione affermano che il prigioniero subito dopo la dispersione del gas assume una espressione di estremo terrore. Dopo pochi secondi, il condannato assume un colorito violaceo e inizia a sbavare, manifestando chiaramente il fortissimo dolore e la sensazione di strangolamento successiva alla inalazione del gas. Il condannato sperimenta indiscutibilmente un forte dolore che comincia immediatamente e si focalizza alle braccia, alle spalle, alla schiena e al torace. La sensazione è simile al dolore che prova una persona colpita da un attacco cardiaco dove essenzialmente il cuore viene privato dell’ossigeno” – ed aggiunge -“.In termini medici la morte avviene per ipossia, ovvero a causa della mancanza di ossigeno al cervello, il primo effetto visibile sono degli spasmi come in un attacco epilettico ma a causa delle cinghie che trattengono il corpo questi sono meno visibili.
Se poi il prigioniero tratterrà il respiro in un tentativo disperato di lottare contro la morte, questo non farà altro che prolungare l’agonia e ritardare la perdita di coscienza.
il tempo medio necessario perché il condannato muoia è di 9,3 minuti, anche se in genere il soggetto perde coscienza dopo un periodo variabile tra 1 minuto e 3 minuti, che però in quelle condizioni possono rappresentare una eternità.
Dopo circa 10/20 minuti il medico pronuncia definitivamente la morte del condannato e una ventola all’interno della camera a gas aspira lentamente l’acido cianidrico dall’alloggiamento. Dopodichè sul cadavere viene spruzzata ammoniaca per neutralizzare le tracce di cianuro rimaste, infine dopo circa mezz’ora gli inservienti entrano nella camera muniti di maschera e guanti di gomma e rimuovono il cadavere.
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SEDIA ELETTRICA
La sedia elettrica avrebbe dovuto rappresentare in teoria un’evoluzione verso un metodo di esecuzione più “umano”.
Dopo essere stato condotto alla camera d’esecuzione, il condannato viene legato alla sedia con delle cinghie di cuoio intorno alla cassa toracica, alle cosce, ai polsi e alle caviglie. Vengono collegati due elettrodi di rame, uno sul polpaccio di una gamba e l’altro sulla testa rasata del prigioniero. Al prigioniero viene fatta indossare una maschera di protezione di cuoio o in alternativa un panno nero sul viso. Il condannato è stato precedente anche dotato di un pannolone durante la fase di preparazione all’esecuzione.
Dopo queste procedure si è pronti per l’esecuzione vera e propria.
Il boia preme una leva sul pannello di controllo per trasportare una prima scossa compresa tra i 1700 e i 2400 volts che dura per un periodo oscillante tra i 30 secondi.
Questa prima lunga scossa provoca del fumo dalle gambe e dalla testa del condannato. Il medico esamina il corpo per verificare se è avvenuta la morte. Se il condannato è ancora in vita viene effettuata una seconda scossa. Se anche la seconda scossa non ha avuto esito letale si va avanti somministrando altre scosse finché non sopravviene la morte.
In un caso sono state necessarie ben cinque scosse, anche se in media sono sufficienti 2 scosse che si concludono in un tempo massimo di 2 minuti.
Gli effetti di questo tipo di esecuzione sono molto rapidi: la prima scossa in genere distrugge nell’arco di un minuto il cervello ed il sistema nervoso centrale, causando una paralisi completa dei muscoli del corpo, impedendo al cuore di pulsare e ai polmoni di respirare. Il riscaldamento distrugge le proteine del corpo e brucia completamente gli organi interni. Le reazioni fisiche includono convulsioni toraciche, gorgoglii, bava alla bocca, traspirazione di sangue dalla pelle, bruciature e rilascio di feci.
Ulteriori e più rari effetti collaterali sono: fuoriuscita degli occhi dalle orbite e vomito di sangue. Talvolta, inoltre, il colorito della pelle volge ad un colore rosso luminoso mentre la temperatura aumenta, la carne si gonfia e la pelle si tende fino al punto di spaccarsi. Può anche capitare che il condannato prenda fuoco. Ma dalla bocca del condannato non uscirà nessun grido di dolore nonostante questo sia straziante poiché la scarica che blocca i muscoli del corpo impedisce anche di urlare. La somministrazione della seconda serva per assicurarsi che il cuore non riprenda a battere. In linea di massima il condannato dovrebbe perdere conoscenza in meno di un secondo anche le reazioni individuali sono variabili da individuo a individuo. La corrente ha un voltaggio di 6 ampere che garantisce che la procedura venga portata a termine con successo. Dopo l’elettrocuzione la temperatura corporea raggiunge circa i 59/60 gradi e il soggetto è inizialmente troppo caldo anche solo per essere toccato. Prima di effettuare un’analisi completa del corpo, bisogna lasciarlo raffreddare il tempo necessario.
Coloro che hanno assistito ad esecuzioni tramite sedia elettrica affermano che l’elettrocuzione produce un suono forte e continuo simile a quello di pancetta affumicata che frigge e un odore dolciastro di carne bruciata pervade tutta la stanza.
Il dibattito sull’umanità di questa procedura è molto acceso: secondo alcuni medici il condannato per pochi istanti la sensazione di essere bruciato vivo associata a quella del soffocamento. Secondo l’inventore dalla sedia elettrica il dolore deve essere molto simile alla sensazione provata dai soggetti che nel medioevo venivano gettati vivi nell’olio bollente.
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